Ha fatto scalpore la storia di una giovane pakistana di nome
Malala che voleva diventare una campionessa di squash in un paese dove lo sport non è ammesso per le donne. Per 3 anni, la ragazza si è allenata da sola, in casa, fino a quando non è arrivata una risposta a uno dei tanti "messaggi in bottiglia" che aveva mandato:
Jonathan Power, il campione di squash diventato insegnante, aveva ascoltato la sua richiesta di aiuto ed era pronto ad accoglierla nella sua accademia, in Canada. Malala da quel giorno ha iniziato due nuove lotte, quella contro la nostalgia di casa e quella per arrivare al vertice delle classifiche mondiali. A 21 anni, è convinta che l'obiettivo sia a portata di mano, che si possa discutere solo di "quando" ci arriverà e non di "se" ci arriverà. Le minacce, nel frattempo non sono cessate:
"Mi ammazzeranno? - ha detto ai cronisti americani -
facciano pure. Ma prima devo diventare la campionessa del mondo e dimostrare al mio Paese che le cose possono cambiare".
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